Monthly Archives: April 2011

Il trucco forse è noto ai più ma può sempre tornare utile.
altro test con l'AF-C

Se si usano lenti macro addizionali (3x 8x 10x) la messa a fuoco diventa veramente difficile e tediosa, la macchina inizia a saltare da un estremo all’altro della messa a fuoco, quando deve scattare non scatta, etc etc

Test AF-C

Piccolo trucchetto che può tornare utile (penso che su tutte le macchine sia simile):

  • impostare la macchina su messa a fuoco continua AF-C
  • settare il pulsante di blocco AE o uno castomizzabile per la messa a fuoco (nel senso che quando si preme la macchina fa la messa a fuoco, su nikon dovrebbe essere AE-L/AF-L: AF)
  • avvicinarsi al soggetto e premere il pulsante, la macchina deve mettere a fuoco sulla distanza minima, non a infinito.
  • a questo punto premere il pulsante di scatto e tenerlo premuto
  • muoversi lentamente in avanti o all’indetro
  • appena la messa a fuoco è giusta la macchina scatterà da sola

il trick funziona anche senza il pulsante AE, ma in questo modo si è sicuri che la macchina metta a fuoco alla minima distanza possibile.

ci casco anche io in queste cose ;)

il trucchetto si può usare anche nella foto sportiva quando si usano lunghi tele, si blocca la messa a fuoco su un punto, poi si insegue il soggetto, quando questo arriva nella zona in cui si era messo a fuoco la macchina scatta.

A volte ho l’occasione di vedere in televisione documentari sul vino. Moltissimi sono tediosi, ripetitivi, scontati e perché no, falsi in quanto lo schema narrativo (per definirlo in qualche modo) non offre la benché minima spontaneitá. Faccio un esempio. Pensate a quando il giornalista o conduttore degusta il vino in compagnia del propietario della cantina esibendo inopportuni gargarismi e sciacqui boccali seguiti da espressioni facciali e vocali ricolme di estasi? Cosa volete dica? Che il vino é una schifezza? Oppure quando i due si cimentano nella classica camminatina tra i filari della vigna e dicono sempre le stesse noiosissime cose tipo “puntiamo sulla qualitá” oppure “vogliamo soddisfare la esigenze del consumatore” con il giornalista che annuisce “interessatissimo” come se si stesse parlando dei misteri di Fatima o della fine del mondo prevista per l’anno prossimo. Ma scusate un poco, se non puntate sulla qualitá del prodotto ed alla soddisfazione delle necessitá dei clienti, di cosa vorreste occuparvi? Insomma.. Peró ogni tanto qualcosa di interessante si trova e si vede.Poco tempo fa sul canale Film & Arts é stato trasmesso un bellissimo documentario che raccontava come vengono venduti i grandi vini francesi a un poderoso merchant du vin come Simon Staples della mitica Berry Bros & Rudd di Londra. Molto divertente ma anche, direi deprimente e perché no fastidioso, difficile da digerire, vedere come il direttore del Chateu francese (forse era il Latour, ma non ne sono sicuro) approfittasse della nomea e del retaggio storico del suo Gran Cru per tentare di imporre al compratore un prezzo assurdo e fuori mercato, senza minimamente prendere in considerazione la qualitá della vendemmia (che tra parentesi nell’anno in cui é stato filmato il documentario fu molto deludente). Dove voglio arrivare con tutta stá storia?
I francesi, ma anche noi italiani e gli spagnoli utilizzano la secolare storia dei propri vini per creare un alto valore aggregato sul prodotto. Benissimo. Nulla da eccepire. La storia c’é ed ovviamente non si puó e non si deve cancellare. Peró gli europei si dimenticano che quella storia é stata in parte cancellata dallo Tsunami (é di moda dirlo) delle vigne: la filossera. Piccolo insetto parassita maledetto dai vignaioli che distrugge senza pietá le piante di vitis vinifera. Questo amichetto ha fatto la sua comparsa ufficiale in Francia nell’anno 1863 e per circa vent’anni ha fatto sfracelli praticamente in tutta l’Europa del vino provocando danni gravissimi. Quasi irreversibili. Il vino europeo fu quasi vicino all’estinzione. Passato lo Tsunami i vignaioli europei ricominciarono tutto daccapo con la cocciutaggine e laboriositá che li contraddistingue. Ripiantarono tutto. Con un accorgimento importantissimo. Innestarono il vitigno su un portainnesto (una base) di vite americana, quest’ultima per sua natura immune alla filossera. Geniale. Forse saprete che la vite é una pianta molto sensibile ai cambiamenti ambientali ed é per questa sua caratteristica che molti esperti sostengono che questa nuova tecnica possa avere in qualche modo modificato parte del carattere che i vitigni avevano sviluppato nel tempo. Sono supposizioni che in ogni caso si basano su un fatto concreto. Il dubbio rimane.
Che c’entra l’Argentina in tutto questo? C’entra..C’entra..!! Succede che nell’anno 1853 (ovvero dieci anni prima del primo focolaio europeo di filossera) arrivarono a Mendoza ed ovviamente vennero piantate, le prime barbatelle di Malbec e Cabernet Sauvignon francesi oltre ad altri vitigni dello stesso paese ed altre barbatelle europee. E succede che in Argentina la filossera non ha mai prodotto effetti devastanti grazie al clima secco nemico acerrimo dell’insetto. In poche parole in Argentina i vitigni francesi ed europei hanno mantenuto caratteristiche pre-filossera. Questa virtú resulta evidente dall’analisi ampelografica delle foglie delle viti argentine che hanno mantenuto una forma molto simile al periodo pre-filosserico e sono abbastanza diverse da quelle degli stessi vitigni europei attuali. Ho avuto modo di vedere le facce sinceramente emozionate, al limite dell’eccitazione, di studiosi della materia venuti dall’Europa, mentre visitavano alcuni vigneti mendozini. Sembravano dei bambini increduli con gli occhi sgranati e pieni di felice stupore che vedevano dei dinosauri. Proprio come in un parco giurassico. L’Argentina é anche questo. Un parco giurassico del vino. Anche lei ha la sua storia ed il suo valore aggregato. Deve solo farlo conoscere meglio e di piú.

Un altro disco dei Subsonica nel 2011?
Si, perché?

Ma non erano finiti?
Direi proprio di no. Nonostante gli ultimi due dischi contenessero più incertezze che cose belle dal vivo son sempre rimasti una macchina da guerra, e da qualunque parte la si voglia vedere sono qualcosa di diverso nel piatto panorama musicale italiano. Trovami tu un’altra band che ha questo suono, hanno codificato un genere e solo loro in Italia suonano così. Nessun altro.

Parli così perché sei il solito fan che li segue sin dai tempi degli esordi e chiudi gli occhi di fronte ai loro difetti…
Ti sbagli. Io i Subsonica li ho scoperti veramente con “Terrestre” – e dunque ben dopo il periodo che tutti considerano il periodo d’oro della band torinese – perché in precedenza li avevo sempre snobbati. Li avevo sempre considerati il solito gruppo da studente fuorisede con i pantaloni a righe, la canotta, i dread, gli slogan altermondisti che va ai concerti con lo zaino Invicta pieno di fumo, cartoni di Tavernello e gin lemon fabbricato a casa, ma mi sbagliavo di grosso. Una grande band che ha scritto cose di valore, dischi nei quali andando a ritroso ho finito per perdermi accorgendomi che “Terrestre” altro non era che un debole tentativo di suonare più rock degli esordi ed il disco successivo manco mi ricordo più come si chiama (e dunque non era nulla di eccezionale).

E questo “Eden” allora… Sono riusciti a bissare “Microchip Emozionale”?
No, non sono riusciti a bissare “Microchip Emozionale” – ma probabilmente non hanno mai inteso farlo. “Microchip Emozionale” è uscito quasi dodici anni fa, ed in dodici anni le persone crescono, maturano, accumulano esperienze differenti, sentono il bisogno di fare qualcosa di nuovo e di conseguenza non è possibile ottenere un disco uguale (fra l’altro, chi suona sempre uguale e replica sé stesso all’infinito è terribilmente noioso). I Subsonica non possono suonare a vita “Microchip Emozionale”, vogliono cercare una via nuova fatta di un suono più adulto ed oscuro che non tradisca il marchio di fabbrica della band torinese ma arrivi oltre ed esplori nuove dimensioni sonore. Cercano questa via e la trovano, visto che “Eden” è davvero un ottimo disco.

Davvero? Non ci posso credere…
Ti dico di sì. La title track arriva dopo tre o quattro ascolti ma si rivela uno dei più bei brani scritti dai Subsonica e finisce per farli sembrare i Notwist, “Istrice” è roba di gran classe nonostante i soliti nostalgici di “Microchip Emozionale” dicano che ai bei tempi che furono non sarebbe stata neanche il lato B di un singolo, “Prodotto Interno Lurido” nonostante un testo piuttosto scontato funziona che è una meraviglia e sembra fatta apposta per infiammare i palazzetti nei quali i Subsonica si esibiranno durante il prossimo tour, “Benzina Ogoshi” è uno schiaffo in faccia a chi chiede ai Subsonica di suonare sempre come se fossimo nel 1999 ed ha uno dei refrain più tamarri di sempre (ed oltretutto mi ricorda qualcosina dei Faint, il che non guasta mai), “La funzione” è un electro-pop di ottima fattura che fa pensare a certi episodi del Battiato che cercava il suo centro di gravità permanente o, ancor meglio, dei loro concittadini Righeira. Tutto il resto è di gran classe, segno che la band torinese è viva e lotta insieme a noi – ed ha cancellato di botto i mezzi (o gli interi) passi falsi dei due dischi precedenti. Avercene di altre band così in Italia, questa è gente che ha ancora in canna il colpo per fare il disco pop italiano definitivo.

Un’ultima cosa… che ne pensi di chi vuole che i Subsonica suonino a vita come i Subsonica di “Microchip Emozionale”. Svelami questo segreto, non lo dirò a nessuno…
Ho sempre grande rispetto delle opinioni, delle convinzioni e dei gusti altrui. Chi spara a zero sui Subsonica è liberissimo di farlo, però non posso non pensare che chi spara a zero perché non suonano più come un tempo sia in realtà una persona che non ce la fa proprio ad arrendersi al passare degli anni e rimpiange i tempi in cui si era tutti più giovani, più forti e più spensierati. Gli anni passano, le persone cambiano, le band si sciolgono (come diceva il grande Luca Carboni) e (spesso) i capelli spariscono e non torneranno più, non è possibile fermare il tempo – neanche scrivendo su webzine e siti specializzati articoli a cadenza settimanale in cui si descrive giorno dopo giorno, singolo dopo singolo il presunto sfacelo di una band che invece è ancora in grado di fare ottima musica e lo ha dimostrato alla grande con questo “Eden”. E – pensa un po’ – riesce a farlo senza eccedere in giovanilismo. Tanto di cappello dunque per i Subsonica.

Eden
[ Emi – 2011 ]
Similar Artist: Bluvertigo, Franco Battiato che cercava i suo centro di gravità permanente, Righeira, Krisma, certi programmi di Amanda Lear in cui si rievocavano gli anni ottanta, New Order, Happy Mondays
Rating:
1. Eden
2. Serpente
3. Il Diluvio
4. Prodotto Interno Lurido
5. Benzina Ogoshi
6. Sul Sole
7. Quando
8. Istrice
9. Tra Gli Dei
10. La Funzione
11. L’Angelo
12. Subvolley (Inno dei Mondiali di Pallavolo)

Subsonica – Eden pubblicato su Indie For BUNNIES