MARNERO – Specchio nero

Una Taverna alla fine del mondo
avanza inesorabile e crolla su se stessa.
Un tavolino ribaltato piega verso uno Specchio increspato come il male.
Nel vetro oscuro la lastra frantumata non riflette più niente.
Un mare di tenebra dentro, un gorgo nero, e davanti Noi.
Noi amici del conflitto e nemici della guerra.
Noi senza divisa che ci siamo rifiutati di militare.
Noi che ci siamo visti la nuca.
Noi che non abbiamo saputo dire “Noi”.
Noi, una minoranza che si è aggrappata al Nulla.
Noi che combattiamo la tirannia dell’Io.
Noi che combattiamo la tirannia del gregge.
Noi che abbiamo cercato un’altra posizione
sulla stessa barca e nello stesso tavolino.
[…]
Nulla è meno probabile, nulla è più necessario.
Nulla è meno probabile, nulla è più necessario.
Le condizioni cambiano sempre.

Bisogna dare forza alle mani, agli occhi,
agire lo Scarto, non accettare niente di meno dell’orrore e del sublime,
misurare le nuove distanze, le condizioni cambiano sempre.
Ci sono braccia, gambe e dolore abbastanza per farlo.
La Taverna non c’è più, espulsa, buttata via, come una placenta dopo il parto.
Il Pendolo è in fiamme, e noi siamo feriti, il vento violento diventa un respiro.
Bisogna andare avanti anche se avanti non c’è nulla.
Bisogna guardare l’abisso e c’è il rischio di finire a brandelli.
E allora?
Senti il Suono della Malora.
Senti il Suono della Malora.